LA DIMENSIONE CULTURALE DEL CIBO
La trasformazione culturale del cibo dato in natura
Fin dai tempi più antichi l’uomo,come ogni altra specie sul pianeta, ha interagito con la natura in base a una necessità: sopravvivere. Oltre che sul bisogno di proteggersi da ambienti climatici a volte molto avversi, l’uomo primitivo dovette risolvere a proprio favore l’alternativa tra mangiare o essere mangiato.
Secondo uno dei più importanti studiosi di etologia umana, “l’uomo ha vissuto come cacciatore-raccoglitore per il novantanove per cento della sua storia, e questo può averlo modellato anche biologicamente”( Eibl-Eibesfeldt, 1993). Che si trattasse di cogliere un frutto da un albero o uccidere una preda, la relazione dell’uomo con l’ambiente che lo circonda è sempre stata trasformativa.
Le prime elaborazioni ‘culturali’ dell’uomo furono quindi rivolte al tema di come trovare cibo e lasciare spazio a una propensione onnivora fuori dal comune. L’uomo,diversamente da altri animali, dovette dedicare un’enorme quantità di energia mentale per affinare gli strumenti utili a distinguere quali alimenti fossero sicuri da mangiare.
Cibo, comunicazione e convivialità
La scoperta del fuoco ha dato origine a sviluppi culturali progressivi di enorme importanza, specialmente in campo alimentare. Per Levi Strauss la cottura di cibi col fuoco è “l’invenzione che ha reso umani gli umani” (Levi Strauss,”Dal crudo al cotto”). Inizialmente il cibo, soprattutto la carne, veniva mangiato crudo, avariato o putrefatto. L’uso del fuoco ha portato a una svolta decisiva e il cibo ha assunto un ruolo importante nello sviluppo delle prime forme di comunicazione umana. Quando, insieme alla crescita del cervello umano, i gruppi sociali sono passati dai forse 20 membri dei gruppi diffusi all’epoca dell’Homo erectus ai circa 50-150 membri all’epoca dell’Homo sapiens , si è ampliata anche l’estensione del territorio coperto dal gruppo. In un territorio più grande la scoperta di una fonte di cibo doveva essere comunicata con maggiori particolari, per spiegare dove si trovava e quanti membri del gruppo poteva sfamare. Questo è stato indubbiamente uno dei modi in cui il linguaggio si è sviluppato.
All’origine di ciò che oggi chiamiamo convivialità sono state le pratiche primitive di condivisione del cibo intorno al fuoco, da parte di gruppi di umani che sedevano faccia a faccia, sorridendo, ridendo – e progressivamente parlando. Questo non avviene tra le altre specie, non solo per la paura del fuoco, ma perché nel regno animale il contatto diretto degli occhi, l’apertura della bocca e l’esposizione dei denti sono gesti tipicamente ostili.
La consuetudine odierna di mescolare cibo e discorsi in circostanze conviviali d’ogni genere deriva dunque da un’esperienza molto lontana nel tempo, con la quale la specie umana ha superato tensioni istintive naturali ed è salita di parecchi gradini nella scala dello sviluppo culturale e sociale.
La classificazione culturale del mangiabile
L’uomo, in quanto onnivoro, è dotato di straordinarie capacità di riconoscimento e di memoria che gli consentono di evitare i veleni e di ricercare i cibi più nutrienti. In questo processo l’uomo è aiutato dal senso del gusto, che lo porta spontaneamente verso il dolce, segnale di ricchezza di carboidrati energetici, e gli fa evitare l’amaro, caratteristica di molti alcaloidi velenosi sintetizzati dalle piante, così come segnala tramite il disgusto cibi potenzialmente dannosi come il cibo scaduto o avariato. Oltre a dover contare sui propri sensi e sulla memoria, nella scelta del cibo gli individui si basano sulla cultura e sulle tradizioni che conservano il sapere e l’esperienza cumulata di innumerevoli “assaggiatori” prima di loro. La cultura codifica le regole di una saggia alimentazione con una complessa serie di tabù, rituali, ricette, regole e tradizioni. Tutto ciò consente agli esseri umani di non dover affrontare ogni volta il "dilemma dell’onnivoro".
Ciò che si ingerisce o si rifiuta racconta molto di più di una semplice preferenza alimentare. Ogni cultura tende a dividere alla sua maniera il mondo che può essere mangiato da quello che non può essere mangiato, e in tale suddivisione entrano molti elementi di natura simbolica.
Cibo e ruoli sociali
Tra gli uomini il controllo del cibo è stato storicamente una delle principali risorse di potere.
Nel Medio Evo i banchetti delle famiglie nobiliari si contrapponevano alla fame endemica diffusa tra le masse contadine, e in varie parti d’Europa chi veniva sorpreso a cacciare di frodo nelle riserve reali o dei signori locali veniva messo a morte. Innumerevoli battaglie sono state combattute tra allevatori e agricoltori in molte regioni del mondo, la posta in gioco essendo sempre il predominio di un particolare modo di produrre cibo. Nel continente africano tali conflitti sono ancora attuali.